Estetica e acconciatura: “Un settore che resiste. Investimenti e formazione contro le difficoltà”
L’indagine condotta dalla CNA su questi ultimi due anni di crisi
PESARO – Due anni di difficoltà legate alla pandemia ed ora il caro energia. Per acconciatori ed estetiste un periodo davvero difficile. Carla Mascitelli, presidente di CNA Estetica e Acconciatura di Pesaro e Urbino, intravede all’orizzonte il pericolo di chiusura di molte attività anche se sono tanti coloro che invece vogliono reagire alla crisi e che paradossalmente fanno investimenti immaginando un futuro diverso.
E la conferma arriva anche da una indagine condotta a livello nazionale dall’associazione. Nel 2020, con l’emergere della pandemia, la spesa delle famiglie italiane nei servizi dell’area del “benessere” è crollata a causa dello stato di sospensione determinato dai lockdown. Nel 2021 si è registrata una forte ripresa che tuttavia non ha riportato la spesa complessiva nel settore ai livelli pre-pandemici. Nello scenario attuale emergono nuove preoccupazioni legate sia all’incremento dei costi aziendali dettato dal caro-energia, sia al rischio di una contrazione della domanda connesso al progressivo deterioramento del quadro economico complessivo. “L’indagine presso gli operatori (acconciatori ed estetiste) realizzata da CNA – dice la Mascitelli – evidenzia le criticità attuali, ma mette anche in luce la voglia di reagire delle imprese e gli elementi su cui puntare per impostare una strategia di rilancio”.
La contrazione del fatturato. Le imprese che dichiarano di aver chiuso il 2021 con un fatturato inferiore a quello del periodo pre-pandemico sono il 61,4% del totale. Tra queste il 19,4% ha dovuto provvedere ad un ridimensionamento strutturale. Sul fronte opposto, il 31,8% delle imprese ha recuperato in pieno la propria redditività e il 6,6% ha addirittura fatto meglio rispetto al 2019.
I rischi per il futuro. Le opinioni degli imprenditori si polarizzano: alcuni si concentrano sul clima di incertezza e sulla compressione dei consumi che ne può derivare (43,7% delle risposte), dall’altro sull’aumento dei costi d’esercizio (31,5%). Proprio l’aumento dei costi (dell’energia in primo luogo, ma anche dei prodotti utilizzati) costringerà le imprese a rivedere i listini. Si tratta di una scelta che la maggior parte degli operatori (il 53,1% del totale) ritengono inevitabile, ma che non vivono con leggerezza. Sono infatti consapevoli che l’esposizione alla concorrenza irregolare (fonte di preoccupazione per il 14,0% delle imprese), a fronte di ciò potrebbe aggravarsi.
Il rapporto con i dipendenti. Il 66,1% delle imprese che dispongono di personale dipendente (più della metà delle aziende intervistate) riferisce di rapporti “consolidati e durevoli” con i lavoratori che operano nei loro saloni. Un ulteriore 19,6%, pur dichiarandosi soddisfatto, vede un problema di consolidamento dei rapporti a fronte delle attuali incertezze economiche. Il 14,3% denuncia delle difficoltà nel reperire risorse umane adeguate alle esigenze.
L’orientamento alla formazione. Il 68,7% degli imprenditori ha intenzione di partecipare a corsi di formazione professionale entro la fine dell’anno. Il 41,7% pensa di coinvolgere in questi processi anche i propri dipendenti. Si tratta di una scelta “voluta” più che “dovuta”, dettata soprattutto dall’esigenza di migliorare le proprie competenze e differenziare la propria offerta. D’altra parte circa i 2/3 dei dipendenti presenti nelle aziende dispongono già di qualifica professionale.
Il rafforzamento dell’offerta. Pur in un quadro caratterizzato da elementi di incertezza e da un conclamato aggravio di costi, le imprese si mostrano intenzionate ad avviare azioni di rafforzamento della loro offerta e della loro capacità competitiva. Non a caso circa la metà degli operatori intende aumentare lo standard dei servizi offerti e il 42% vuole dedicare maggiore attenzione alla sfera del marketing. Per contro, solo il 12,3% delle imprese si dichiara al momento priva di una intenzionalità precisa o di strategie definite.
La voglia di continuare a investire. Al netto della formazione (ritenuta un asset fondamentale dalla maggioranza degli intervistati), quote non residuali di imprenditori del “settore benessere” vogliono continuare a investire. Il 17,9%, ad esempio, vorrebbe rinnovare i locali entro l’anno, e il 27,2% ha già deciso di dotarsi di nuove attrezzature o macchinari. Si tratta di dati da non sottovalutare che attestano una buona fiducia nella propria capacità di presidiare/orientare il mercato, considerati anche i costi energetici a cui potrebbero risultare esposti (al riguardo non si può trascurare che l’incidenza della spesa energetica sui costi aziendali è sostanzialmente raddoppiata nell’ultimo anno per tutte le aziende italiane);
L’importanza di Internet. In materia di investimenti, in particolare nel marketing e nella gestione dei clienti, si rileva che l’81,3% delle imprese è attiva sui social network, il 43,2% dispone di un sito internet aziendale e il 37,3% utilizza specifici software o applicazioni nelle relazioni con i clienti. A quest’ultimo riguardo si segnala che il 15,8% delle imprese che non ha ancora adottato queste soluzioni pensa di farlo nel prossimo futuro.
La dimensione relazionale. La capacità di “coltivare le relazioni” sembra essere un tratto accumunante delle professioni del benessere. Vale nel rapporto con la forza lavoro, ma anche rispetto alle ragioni dello scambio con la propria clientela. Non a caso con l’acconciatore e l’estetista si configura spesso un rapporto fiduciario e a volte addirittura confidenziale. Si tratta di valori intangibili di notevole importanza e non stupisce che questi imprenditori possano diventare un riferimento stabile per le persone che si rivolgono a loro. Non è un caso che, durante il confinamento causa Covid, la privazione di questi servizi era considerata dagli italiani tra le più avvertite, come ha rilevato una indagine del Censis. Non è dunque un caso se il 56,1% degli operatori intervistati individua nella “soddisfazione del cliente” la vera “forza motrice” della propria professione, molto più della realizzazione delle proprie aspirazioni imprenditoriali (23,1%), della possibilità di esprimere forme di creatività (16,2%), degli stessi ritorni economici dell’attività aziendale (7,7%).